EDUCAZIONE

SULLA SCUOLA (dalla Scuola dell’obbligo all’Università)

ABOLIZIONE IMMEDIATA DEI TEST DI AMMISSIONE ALL’UNIVERSITA’!
I test di ammissione alle facoltà o scuole universitarie sono un’indecenza psicologica, oltreché la negazione di un diritto previsto costituzionalmente (quello di poter accedere liberamente all’educazione di ogni ordine o grado).
Non si può negare la realizzazione di un’aspirazione professionale, ovvero di un disegno di vita, con quello che questo comporta! – è fondamentale e centrale per la salute psicologica dell’individuo, per la sua felicità e serenità – soltanto attraverso una prova, qualsiasi essa sia e men che mai questa negazione dovrebbe avvenire attraverso prove inutili, senza senso e fondatezza, come sono i test di ammissione all’università (inutili e senza nesso rispetto alla professione per cui il corso di laurea scelto dovrebbe preparare), articolati su domande di cultura generale o su materie che niente o proprio poco hanno a che fare con il percorso formativo del corso di laurea scelto e con la professione a cui questa abilita.
Semmai dovrebbero essere la durezza (frequenza, partecipazione, esami e prove) e la durata pluriennale del corso di laurea a stabilire se lo studente è in grado di raggiungere la laurea e l’eventuale abilitazione alla professione che desidera.

ABOLIZIONE DELLA BOCCIATURA NELLA SCUOLA DELL’OBBLIGO; ogni classe deve andare avanti insieme (senza perdere neanche uno studente) in quanto “classe di età” e sta agli insegnanti portare avanti al miglior livello possibile di preparazione i propri alunni.

La scuola, a tutti i livelli, dalle elementari all’università, dovrebbe abolire il più possibile una valutazione basata esclusivamente sugli esami a conclusione dei corsi, riferendosi invece, attraverso una valutazione costante durante i corsi (soprattutto alle superiori, ma anche all’università, almeno nei corsi meno numerosi) dell’effettivo grado di apprendimento che ogni singolo studente ha raggiunto; se la metodologia didattica applicata è valida, questa valutazione emerge certamente già durante il/i corso/i, anche soltanto colloquiando sulla materia con lo studente o verificando la sua partecipazione e frequenza. Un serio apprendimento non può essere basato soltanto e nemmeno prevalentemente, sullo sforzo mnemonico e sul ricordarsi nozionistico per superare gli esami a fine corso. Il fenomeno di insistere sugli esami (creando sugli stessi suspance, ansia da prestazione e terrore rispetto al loro andamento e risultati), anziché sull’effettiva e profonda acquisizione dei contenuti – che nessun esame sporadico ed occasionale, come sono le interrogazioni a scuola e soprattutto gli esami all’università, è seriamente in grado di definire – ha prodotto, in concomitanza con altri fattori, la cosiddetta “liceizzazione dell’istruzione universitaria” (e così invitando a permanere anche in età più adulta negli atteggiamenti di immaturità tipica di quel livello giovanile) e ha fatto diventare le  l’università, oltreché le scuole superiori, un “esamificio” e quindi un vero e proprio “furbificio” (fenomeni contro cui intendiamo batterci con forza), dove esercitarsi a fregare il professore di turno, magari con mezzi sempre più tecnologici e/o considerati “geniali”, è la regola. Questo va a scapito della preparazione e della formazione interiore, psicologica, verso la responsabilità – e a questo che servono le scuole, no? La frequenza della scuola non ci sembra che debba essere orientata a preparare come fregare il prossimo, ispirandosi alla furbizia, come invece è adesso con il sistema della valutazione basata sugli esami (“esamificio”), bensì ad un accrescimento progressivo dell’individuo attraverso una sempre maggiore responsabilità e consapevolezza, qualità che lo rendono poi adulto. La Scuola va quindi rifondata su questi criteri, anziché pensare sempre che il problema di questa sia quello di assumere o meno un numero grande di docenti da immettere in ruolo. Dobbiamo così riporci nuovamente le domande fondamentali, di base. Dobbiamo chiederci a cosa servono le scuole e perché si va a scuola. Se si frequentano solo per avere competenze che si dimenticano un attimo dopo l’esame, che tanta ansia ci crea, oppure se si frequentano per diventare maturi e prepararsi alle prove della vita e dell’età adulta. Non per caso l’esame che si sostiene al termine delle scuole superiori, si chiama di “maturità”.
La didattica alle Scuole Superiori pertanto deve orientarsi tanto alla Conoscenza di Sé quanto all’apprendimento delle competenze tecniche delle varie materie.

IL SABATO DEV’ESSERE LIBERO e non giorno di scuola e le classi debbono essere, possibilmente, non superiori a quindici/venti allievi. I compiti a casa debbono essere fortemente limitati al meno possibile per evitare un sovraccarico da studio nozionistico ed evitare che il giovane viva la sua vita immersa nella didattica nozionistica.
La Scuola, come funzione educativa pubblica, dall’asilo nido fino alle superiori (comprese), dev’essere presente in ogni municipio, davvero gratuita per le famiglie – con i costi dei testi, quelli per le strutture didattiche e dei trasporti degli studenti a carico delle comunità – e formata da classi miste con un numero di studenti non superiore possibilmente a 15/20 per classe.
LE SCUOLE NEI PICCOLI COMUNI DEBBONO ESSERE SALVATE E SALVAGUARDATE, se necessario, anche tramite la formula della “patria potestà” sempre valida per tutto il periodo della scuola dell’obbligo e con le scuole (dagli asili nido alle scuole superiori, anche con pochissimi studenti) dev’essere salvaguardata la vita e l’avvenire dei piccoli comuni, che vanno incentivati e non accorpati (fatti salvi i casi di maggiore efficienza ed evidente risparmio sul costo di alcuni servizi che deriva dall’eventuale accorpamento di questi; in questi casi si può comunque ricorrere al consorzio di servizi fra gli enti erogatori di servizi senza accorpare i municipi stessi; per l’accorpamento dei comuni dev’essere comunque sempre d’accordo la popolazione residente, tramite apposito referendum).

La scuola, dalle medie alle superiori, deve creare ed inserire materie quali “EDUCAZIONE PSICHICA ED EMOTIVA”, “EDUCAZIONE AFFETTIVA (SENTIMENTALE)” e cessare di essere soltanto – vale anche per le scuole professionali – scuola di nozioni e competenze, cioè il vero fallimento di una scuola. Di conseguenza, anche le università non dovranno più essere un furbo esercizio di fregatura del docente di turno, magari con qualche strumento tecnologico all’avanguardia e/o mero esercizio mnemonico di competenze e nozioni.
Creazione ed inserimento in almeno tutta la scuola dell’obbligo della figura dell”  “INSEGNANTE PRIORITARIO” (O DI RIFERIMENTO)”, che funge da tutor per i suoi studenti e responsabile del livello di avanzamento della loro preparazione, nonché della loro maturazione psicologica. Gli altri saranno “PROFESSORI DI MATERIA”, cioè maggiormente (ma non esclusivamente) dediti alla preparazione sulle singole materie di loro competenza. L’ “INSEGNANTE PRIORITARIO” è da assumere, prevalentemente, ma non necessariamente, tra quei docenti, o laureati, con una preparazione nelle materie umanistiche ed ogni eventuale problema fra questo e gli studenti dovrà essere risolto dal preside, o dai colleghi (“docenti, o professori di materia”), i quali, oltre a curare l’insegnamento della propria materia, debbono anche visionare e confrontarsi con l’”L’INSEGNANTE PRIORIARIO” sul percorso e le problematiche psicologiche dei singoli studenti.