RIFORME ISTITUZIONALI E QUADRO POLITICO

Pagina in costruzione

RIFORME ISTITUZIONALI

ABOLIZIONE DEL BICAMERALISMO.
Il Parlamento dovrebbe avere per una sola camera (es. Parlamento Danese) – rendendo più veloce ed efficiente l’attività legislativa e parlamentare – con non più di 400 deputati, eleggibili al massimo per due mandati, consecutivi o no (come per ogni altra carica politica e amministrativa).

Pur rimanendo favorevoli ad un parlamento monocamerale, comprendiamo ed accettiamo il senso della riforma costituzionale che si sta votando, che prevede un “Senato delle Autonomie”, sia perché nel solco tradizionale e storico (millennario) di questo istituto (il Senato), sia perchè si propone quale sede di rappresentanza e confronte delle diverse istanze territoriali e delle autonomie, proprio come avviene in molti altri ordinamenti europei e non (ad es. la Germania, con la camera di rappresentanza dei Lander, o la Svizzera, con il “Senato degli Stati”, che rappresenta le istanze dei Cantoni).

*  *  *

SULLE PROSPETTIVE DEL QUADRO POLITICO ITALIANO

Esprimiamo la nostra netta contrarietà ad una visione ed un modo autocratico di governare, che governa cioè senza confrontarsi, contando solo sulla maggioranza numerica (magari esigua, per un sol voto) e parimenti siamo contrari ad un’opposizione istituzionalizzata, che troppo spesso, o quasi sempre, si oppone tanto per opporsi. In un moderno, trasparente, onesto ed efficiente modo di concepire le modalità di amministrare, l’opposizione si svolge sulla differenza di visioni sui singoli problemi, non sull’appartenenza a priori a schieramenti e partiti diversi. Il riconoscimento di fatto istituzionale (si pensi al modello anglosassone che “istituzionalizza” il governo ombra) dell’opposizione in quanto tale, fa in modo che prevalga una visione della politica come scontro, conflitto, guerra fra schieramenti – schierati, non per caso, come eserciti che si fronteggiano (si schierano gli eserciti, i plotoni, le formazioni militari e le squadre che competono) – anziché una visione della politica come tentativo di soluzione condivisa dei problemi. Così la politica viene vissuta come arena, luogo di scontro in cui, anche per lo spettacolo che si deve in un’arena, deve prevalere uno schieramento sull’altro, sacrificando la centralità dei problemi e delle reali necessità e richieste dei cittadini. Secondo noi Confederati invece, le questioni e i problemi del quotidiano (che i politici, ogni giorno sui media, dicono di voler risolvere, quasi sempre senza dire come) sono centrali, l’essenza stessa della politica e dell’amministrazione.
La visione secondo cui una coalizione o un partito (nella pessima e povera concezione, riduzionistica, minimalista e impoverente, del Bipartitismo all’americana) devono governare per quattro o cinque anni (comunque per un periodo generalmente lungo) e l’altra o altri altrettanto naturalmente opporsi, è una visione che porta le stesse dinamiche e gli stessi esiti di ogni guerra, di ogni conflitto; è evidente che con l’istituzionalizzazione dell’opposizione e con il conferimento al governo dello stesso ruolo di amministratore (unico) di condominio, l’opposizione tenderà a fare dell’opporsi su tutto, la propria ragion d’essere, senza guardare più al merito delle cose – che in un conflitto aspro e serrato è considerato, rispetto alle questioni strategiche, una inutile perdita di tempo. Dalla trascuratezza dei problemi, che a lungo andare si incancreniscono, (come la fiducia negli uomini politici e nei pubblici amministratori),  fino al malaffare, agli intrighi di palazzo (avvertito come sempre più distante dalle reali necessità del paese) e alla politica “normalmente” vissuta come impostazione di strategie di schieramento non più finalizzate alla soluzione dei problemi, bensì concepite per il solo avvantaggiamento della parte al governo, sono solo alcune delle conseguenze della visione di cui sopra.
Una forza politica moderna ed intelligente, psicologicamente evoluta, che non vuole condurre il paese ad esiti distruttivi e devastanti (come ogni guerra invece fa), rifiuta quindi il concetto stesso di ”Opposizione Istituzionalizzata” a priori e, parimenti, rifiuta anche il concetto di governo, che, in quanto tale, dovrebbe per natura governare da solo; rifiuta cioè il modello anglosassone bipolare, basato sulla dualità e il duello (troppo spesso qui, fra l’altro, fra non cavalieri), rifiuta il modello dell’opposizione a priori, solo per adesione ad uno schieramento. L’opposizione si fa semmai, temporaneamente ed occasionalmente, sempre sulle singole questioni o contro profili di scorrettezza e disonestà amministrativa.
L’opposizione istituzionalizzata, ideologica, è uno dei veri mali della politica, proprio come lo è – per compensazione fisiologica – il governo che non si confronta con le diverse forze politiche in parlamento e nelle sedi appropriate, decidendo troppo autocraticamente; un siffatto tipo di governo è tendenzialmente non democratico ed è speculare al concetto di “opposizione istituzionalizzata”.
Un problema, per essere davvero e ben risolto, necessita spesso (anche se non sempre) del contributo di più individui, spesso di molti. Per un governo, credere di poter adottare autocraticamente le decisioni per il fatto stesso di essere governo, anche se eletto a largo suffragio, o di voler imporre le proprie istanze, rappresenta un atto di arroganza, presunzione ed immaturità psicologica, che prepara sempre una nemesi. Allo stesso modo, specularmente, ritenere di doversi opporre sempre e comunque ad ogni atto o istanza di un governo, rappresenta un atteggiamento psicologicamente immaturo ed irresponsabile, oltreché pericoloso e nocivo per il clima delle relazioni sociali (un pessimo esempio che la politica offre ai cittadini, dando lo spunto per un’emulazione ad altri livelli della vita sociale).

*  *  *

UNA VISIONE SULLA SITUAZIONE POLITICA GENERALE
scritto nel 2010 e in fase di aggiornamento…vediamo le novità intervenute

Siamo per la fine del Bipolarismo e l’inizio di una nuova fase di pluralità (la parola Politica deriva dal greco Polius = pluralità, molti), apertura e di pace che si sostituisca al conflitto continuo, aspro ed esasperante fra due poli sempre in contrapposizione e che è e rimane tale proprio perché c’è una conflitto manicheo fra due poli; questo fatto rappresenta il debutto e la realizzazione di una visione politica basta piuttosto sull’analisi imparziale ed autentica dei problemi nel loro merito, piuttosto che sul conflitto agitato per motivi ideologici, di colore, di appartenenza a priori (come negli eserciti che devono combattersi); è l’inizio di una visione in cui NON ESISTE PIU’ IL “DIAVOLO  POLITICO”, quello cioè con cui non si può, già a priori e spesso per un gioco di ruoli e posizioni, mai concordare su nulla, né governare insieme (la Sinistra per la Destra e viceversa, ma anche i cosiddetti moderati di centro destra contro quelli centro sinistra e/o contro i partiti che stanno all’estrema destra o all’estrema sinistra). Questo segna il passaggio dall’epoca di governi autocratici, sempre di parte, con opposizioni cristallizzate, sempre contrarie su tutto, ad un’epoca di “governi di partecipazione”, capaci cioè di sentire e coinvolgere le maggiori forze sociali e tutti i partiti, o almeno i più rappresentativi, presenti nei parlamenti cittadini, regionali, nazionali (sull’esempio de “La formula magica” del modello svizzero). Su questa base, se si sarà d’accordo su un provvedimento, lo si voterà, non avendo più contrarietà preventiva ed ideologica sul governo; in questo senso, le recenti nascite del cosiddetto “Terzo polo” e del governo Monti – “Monti, come i monti della Svizzera della formula magica di cui sopra” – rappresentano dei segnali significativi verso questa direzione, segnali di una più valida visione e metodologia politico-parlamentare, almeno laddove queste esperienze riescano davvero a coinvolgere nei fatti e nei modi, non solo con le dichiarazioni, le forze politiche rappresentate in parlamento e le maggiori, anche emergenti, componenti sociali.